sabato 13 febbraio 2016

Nikola Tesla,lo scienziato incompreso.

Invenzioni teoriche                                                                  Tesla ipotizzò come le forze elettriche e magnetiche potessero distorcere, o addirittura modificare, il tempo e lo spazio e studiò procedure con le quali controllare tali energie. Verso la fine della vita rimase affascinato dalla teoria secondo cui la luce è formata sia da particelle elementari sia da onde, un postulato fondamentale della fisica quantistica. Queste ricerche lo portarono a ideare un "muro di luce", manipolando le onde elettromagnetiche. Questo misterioso muro di luce avrebbe consentito di alterare lo spazio, la gravità e la materia; da questo nacquero una serie di progetti di Tesla che sembrano usciti direttamente dalla fantascienza, come il teletrasporto, il viaggio nel tempo e la propulsione antigravità.

La più singolare invenzione che Tesla ipotizzò è probabilmente la "macchina per fotografare il pensiero".[67] Egli pensava che un pensiero formatosi nel cervellocreasse una corrispondente immagine nella retina, e che l'impulso elettrico di questa trasmissione neurale potesse essere letto e registrato in un dispositivo. L'informazione immagazzinata, sarebbe stata poi elaborata da un nervo ottico artificiale e visualizzata come immagine su uno schermo.
Un'altra invenzione teorizzata da Tesla è comunemente chiamata “macchina volante di Tesla[68]. Tesla dichiarò che uno degli scopi della sua vita era quello di creare una macchina volante che potesse funzionare senza l'uso di un motore a combustione interna o alialettonipropellenti o di qualsiasi fonte di combustibile. Inizialmente Tesla pensò ad un aereo in grado di volare grazie ad un motore elettrico alimentato da un generatore a terra. Con il passare del tempo, ipotizzò che questo aereo potesse muoversi in maniera interamente meccanica. La forma ipotizzata per il velivolo era quella tipica di un sigaro o di una salsiccia. Questo in seguito fu sfruttato dai teorici della cospirazione degli UFO.
Tesla è conosciuto anche per l'invenzione di uno speciale trasmettitore chiamato “Teslascopio”, progettato con l'intenzione di inviare segnali e "comunicare" con forme di vita extraterrestri di altripianeti.« Era tutto quello che volevo essere. Archimede era il mio ideale.
Ammiravo le opere degli artisti, ma per me erano solo ombre e apparenze.
L'inventore, pensavo, dà al mondo creazioni palpabili, che vivono e funzionano.

Storia di Antichi Monaci. Guglielmo da Baskerville.

Guglielmo da Baskerville fu un eruditissimo frate francescano del XIV secolo, consigliere dell'Imperatore. Ebbe un passato come inquisitore.
All'epoca fu amico fraterno di Ubertino da Casale che si trovò coinvolto in una grave disputa contro alcuni fratelli del Libero Spirito, sedicenti sostenitori di Santa Chiara da Montefalco (grande amica di Ubertino) che in realtà seducevano le monache di clausura e gettavano fango sulla mistica. Ubertino si finse discepolo degli eretici e, svelati i loro segreti, li portò all'Inquisizione chiedendo aspre pene e torture per coloro che avevano ingiuriato la sua grande amica. Amareggiato dalle pressioni di Ubertino, Guglielmo lasciò l'ufficio di Inquisitore ed entrò nella corte imperiale, stringendo amicizia con Giovanni di Jandun e il teologo imperiale ghibellino Marsilio da Padova. Gli fu dato incarico di recarsi presso una lontana abbazia benedettina della Congregazione Cluniacense sui monti dell'Italia settentrionale, per organizzare una riunione tra i delegati del papa e dell'imperatore, dove si sarebbe discussa l'eventuale eresia del gruppo francescano detto degli "spirituali". I rappresentanti papali sarebbero stati per la maggior parte Domenicani.
Guglielmo arrivò all'abbazia in compagnia del novizio Adso da Melk, figlio minore del barone di Melk. Al suo arrivo in questa abbazia gli venne tuttavia chiesto dall'abate, vista la sua fama di uomo perspicace ed intelligente e la sua lunga esperienza di inquisitore, di investigare sulla strana morte di un monaco avvenuta poco prima in quel luogo. Le deduzioni di Guglielmo lo avvicinarono sempre di più alla verità della catena di morti che ebbe come teatro il complesso dell'abbazia, ma questo non accadde in tempo per evitare il tragico finale del rogo della biblioteca.
In seguito a questi eventi Guglielmo ed Adso si separarono, il maestro regalò al giovane allievo i suoi occhiali. Lo stesso Adso riportò che Guglielmo fu vittima, in seguito, della Peste nera.

Placiti Cassinesi

I quattro placiti cassinesi, conosciuti anche come "Placiti Capuani", ossia quattro testimonianze giurate, registrate tra il 960 e il 963, sull'appartenenza di certe terre ai monasteri benedettini di CapuaSessa Aurunca e Teano sono i primi documenti di volgare italiano scritti in un linguaggio che vuol essere ufficiale e dotto. Riguardava una lite sui confini di proprietà tra il monastero di Montecassino e un piccolo feudatario locale, Rodelgrimo d'Aquino. Con questo documento tre testimoni, dinanzi al giudice Arechisi, deposero a favore dei Benedettini, indicando con un dito i confini del luogo che era stato illecitamente occupato da un contadino dopo la distruzione dell'abbazia nell'885 da parte dei saraceni.
La formula del placito capuano fu inserita nella stessa sentenza, scritta in latino, e ripetuta per quattro volte.
Oggi sono conservati nella Biblioteca di Cassino.                                                          Si tratta di un gruppo compatto di quattro pergamene di argomento simile, formate da quattro placiti, precisamente tre placiti e un "memoratorio" (redatto a Teano), sulla proprietà di alcune terre appartenenti agli stessi luoghi (CapuaTeano e Sessa).
I placiti riguardano beni di tre monasteri che dipendono da Montecassino e sono stati pronunciati nei principati longobardi di Capua e di Benevento. All'infuori delle prime tre carte di Teano, il "memoratorio", il tipo è costante nelle sue formule.
Dapprima il giudice comunica alle parti il testo della formula, in seguito tre testimoni devono pronunciarla separatamente. In questo modo la formula viene ripetuta, in tre documenti, quattro volte.
« Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti. »
(Capua, marzo 960)