I quattro placiti cassinesi, conosciuti anche come "Placiti Capuani", ossia quattro testimonianze giurate, registrate tra il 960 e il 963, sull'appartenenza di certe terre ai monasteri benedettini di Capua, Sessa Aurunca e Teano sono i primi documenti di volgare italiano scritti in un linguaggio che vuol essere ufficiale e dotto. Riguardava una lite sui confini di proprietà tra il monastero di Montecassino e un piccolo feudatario locale, Rodelgrimo d'Aquino. Con questo documento tre testimoni, dinanzi al giudice Arechisi, deposero a favore dei Benedettini, indicando con un dito i confini del luogo che era stato illecitamente occupato da un contadino dopo la distruzione dell'abbazia nell'885 da parte dei saraceni.
La formula del placito capuano fu inserita nella stessa sentenza, scritta in latino, e ripetuta per quattro volte.
Oggi sono conservati nella Biblioteca di Cassino. Si tratta di un gruppo compatto di quattro pergamene di argomento simile, formate da quattro placiti, precisamente tre placiti e un "memoratorio" (redatto a Teano), sulla proprietà di alcune terre appartenenti agli stessi luoghi (Capua, Teano e Sessa).
I placiti riguardano beni di tre monasteri che dipendono da Montecassino e sono stati pronunciati nei principati longobardi di Capua e di Benevento. All'infuori delle prime tre carte di Teano, il "memoratorio", il tipo è costante nelle sue formule.
Dapprima il giudice comunica alle parti il testo della formula, in seguito tre testimoni devono pronunciarla separatamente. In questo modo la formula viene ripetuta, in tre documenti, quattro volte.
« Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti. » |
(Capua, marzo 960) |
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