domenica 11 ottobre 2015

ALBA FUCENS

ALBA FUCENS (AQ) - CHIESA DI SAN PIETRO D'ALBE
UNA CHIESA COSTRUITA SUL TEMPIO DEL DIO APOLLO
articolo di Isabella Dalla Vecchia - info@luoghimisteriosi.it
fotografie di Cooperativa Alba Fucens Giovanni Lattanzi utilizzo gentilmente concesso dall'archivio fotografico InAbruzzo

esterno San Pietro
Due antichi templi pagani e una chiesa cristiana 
Alba Fucens conserva molte rovine romane, ma esistono due edifici che sono completamente scomparsi. Sono due antichi Templi, di cui uno dedicato ad Apollo, che dominavano l'urbe da due colline. Solo al posto del Tempio di Apollo oggi sorge la chiesa di San Pietro, che si è sostituita ad esso, annientandolo e utilizzando i suoi resti. Il Tempio possedeva una grande alchimia con l'ambiente, essendo interamente dedicato al Sole e al suo nascere. La stessa città dal nome di "Alba Fucens" era un inno al Dio Sole.

interno
Inizialmente il Tempio fu sostituito da una chiesa paleocristiana, che poi mutò col trascorrere del tempo mantenendo lo stile romanico del XII secolo. Purtroppo il terremoto del 1915 la distrusse completamente lasciando liberi ancora i resti del Tempio di Apollo, come se fosse risorto dopo centinaia d'anni, si può dire che il Tempio ha "rivisto la luce del Sole". Il Tempio fu la base per la ricostruzione della nuova chiesa che è visibile oggi. Molti elementi sono rimasti fortunatamente originali, come alcune colonne, l'ambone, il portale del 1130 contenente simboli a “spirale” e le statue antropomorfe dell’archivolto.

il tabernacolo
La cripta si trova sotto l’abside ed è raggiungibile percorrendo una ripida scala.

cripta
In tutta la chiesa vi sono raffigurati simboli pagani mostruosi, mascheroni, animali e fiori.
 
 
La misteriosa simbologia dell'ambone
L’ambone è molto particolare. Risalente al 1215 ha doppia rampa e doppio lettorino pentagonale, con un terzo separato. E' ricco di simboli, vi è l’Aquila (Apostolo Giovanni) che sa vedere oltre l’occhio umano.

ambone
Vi è anche un mascherone, ma merita attenzione la figura di un uomo con due serpi che gli escono dalla bocca. Questo simbolo si trova in posizione opposta all’aquila, motivo che potrebbe ricondurre alla verità contrapposta alla menzogna. Ricordiamo che il serpente che esce dalla bocca è stato indicato da Giotto come il peccato capitale dell'invidia.
 
 
Presenza di Templari? 
La chiesa fu proprietà dei monaci benedettini, coloro che avevano un particolare rapporto con i templari anche se non si hanno documenti che provino che fossero stati proprio qui. Vi è però un simbolo che potrebbe avvalorare l'ipotesi e cioè la presenza di una rosa insieme ad altri due simboli, una croce e l'Agnello. La rosa da sempre è stata considerata un simbolo mistico sacro ai cavalieri del Tempio, perchè raffigurante il sangue di Cristo, il Graal, il femminino sacro. A volte viene identificata con la Madonna, a volte con la Maddalena stessa. I Rosacroce sono uno dei gruppi cristiani-templari più esoterici della storia cristiana.

agnello, croce e rosa
Qual'era l'altra divinità? 
Il Tempio risale al IV secolo a.C. e oltre ad Apollo vi era venerata un’altra divinità ignota perchè nulla è rimasto perchè possa essere identificata. Di Apollo invece si è certi per via dell’iscrizione sulle mura a lui dedicata. Quale sarà stata l’altra divinità? Diana dea della Luna? Il Dio del Sole non veniva rappresentato facilmente insieme al suo lato opposto. Potrebbe essere invece Dafne che amò perdutamente. A noi piace pensare romanticamente alla Luna, misteriosa e in questo caso svanita. Dopotutto il sorgere del Sole era il momento del tramonto della Luna, scomparsa di fronte al sole splendente di Apollo, proprio come in questo Tempio.

leone che gioca con sfera nel circo di Alba Fucens inciso sulla parete
Il Tempio gemello
Si trovava (perchè oggi completamente scomparso) sul colle Pettorino da cui il nome perché si ignora a quale divinità era dedicato. Gemello di quello su cui oggi sorge San Pietro, risale al IV secolo a.C.

Il Pettorino e il luogo dove vi era il secondo tempio
PERMAFROST

Siberia, allarme per lo scioglimento del permafrost che libera virus letali

Siberia, allarme per lo scioglimento del permafrost che libera virus letali
Forse uno dei più insidiosi nemici dell' umanità, un virus o un batterio sconosciuto in grado di causare una mortale pandemia, si cela in agguato nel ghiaccio artico siberiano, in procinto di risvegliarsi al riscaldarsi del clima. O forse no. Per capirlo, una squadra di scienziati francesi del Centro Nazionale Ricerche Scientifiche di Parigi annuncia di voler svegliare in laboratorio uno dei virus preistorici scoperti trivellando il sottosuolo siberiano perennemente impregnato di ghiaccio, noto come "permafrost".
Una specie di frigorifero naturale che da migliaia di anni conserva ibernati microrganismi dell' epoca dell' uomo di Neanderthal.
Il disgelo delle zone artiche, già tangibile con la liberazione dal pack della rotta marittima del nord, sta infatti coinvolgendo anche il permafrost rischiando di ridestare microbi pericolosi. Il virus che sarà studiato dai francesi è stato scoperto a 30 metri di profondità nella tundra di Kolyma, regione di Magadan, celebre per le sue miniere d' oro, e gli è stato affibiato il nome scientifico "Mollivirus sibericum".
È considerato un "gigante" tra i virus, misurando 0,6 micron, poco più di mezzo millesimo di millimetro. Il suo codice genetico è più ricco e complesso della maggior parte dei virus odierni. Se, per esempio, il pericoloso Hiv, l' agente dell' Aids, ha un Dna composto da una decina di geni, il "Mollivirus" preistorico ne conta 500. Il microbo risalirebbe a 30.000 anni fa, alla piena epoca dell' ultima glaciazione. A occuparsene è la divisione di genomica del Cnrs, sotto la guida del professor Jean Michel Claviere: «È possibile che questi virus si rivelino ancora capaci di causare malattie». E aggiunge: «Se non stiamo attenti e industrializziamo queste zone senza pensare ad adeguate precauzioni, corriamo il rischio un giorno di risvegliare morbi, come anche il vaiolo, che giudicavamo sradicati».

Le regioni siberiane sono oggetto di ambiziosi programmi di sfruttamento man mano che il clima si addolcirà, dati gli ingenti giacimenti, in larga parte ancora vergini, di petrolio, gas e metalli, per non parlare del legname. L' affollamento che si creerà in alcune aree porterà a un' accresciuta possibilità che microbi artici possano trovare la via per diffondersi verso i continenti abitati. Con l' aggravante che l' uomo moderno può non avere più difese immunitarie contro malattie preistoriche.
Un' altra studiosa del centro, Chantal Abergal, ha ricordato che non si può parlare mai di estinzione totale di un virus: «Il fatto che si possa essere infettati anche dai resti di un uomo di Neanderthal morto da millenni, dimostra come sia sbagliata l' idea che un virus possa definirsi sradicato dal pianeta». Il Mollivirus verrà messo in contatto con una ameba per osservare se le provocherà danni, poi lo si porrà su tessuti umani in vitro, tutto in condizioni di massima sicurezza.
I francesi lavorano in stretta collaborazione con russi e americani. Il prof. William Allington, dell' università del Nebraska ammette: «È vero che non tutti i virus colpiscono l' uomo e che in genere ognuno si adatta a una singola specie, ma questa possibilità legata al cambiamento climatico esiste». Siano microbi nuovi e appena classificati, oppure antiche varianti del vaiolo o della peste, già il 24 settembre 2013 lo scienziato russo Boris Revich lanciava l' allarme, in particolare sull' antrace magari rimasto in antiche renne allevate dalle tribù locali: «Lo scioglimento del permafrost potrebbe rilasciare antrace da vecchie sepolture di bestiame infettato. Dobbiamo capire a che livello è il rischio, magari prendendo campioni di sangue da questi animali».
È da qualche anno che si scoprono germi sottoghiaccio da secoli, seppure finora nessuno sia stato mostrato pericoloso per l' uomo. Nel 2003 fu trovato il cosiddetto "Minivirus" e nel 2013 il "Pandoravirus", chiamato per scaramanzia proprio come il nefasto vaso di Pandora della mitologia greca, sorgente di mali. Infine, nel marzo 2014 ecco il "Pithovirus", trovato sulla tundra costiera della Chukotka, vicino alle acque del Mare Siberiano Orientale. Per adesso, nessuna "peste venuta dal freddo", ma la guardia non va abbassata. Nel 2004 venne riscoperto addosso alla salma di una donna sepolta nel permafrost dell' Alaska il vecchio morbo dell' influenza spagnola, che fra il 1918 e il 1920 uccise 50 milioni di persone in tutto il mondo. Il pericolo è costante sia per l' uomo, sia, teoricamente, per animali vitali per l' economia. Se dal disgelo emergesse un germe mortale, per esempio, per le api e in genere gli insetti impollinatori, quasi tutte le coltivazioni agricole si estinguerebbero per mancata fecondazione dei fiori. Poiché il riscaldamento climatico delle zone artiche ha velocità doppia rispetto al resto del globo, tanto che si ipotizza entro il 2100 un aumento medio di 7 gradi nella tundra, meglio tenere gli occhi aperti.
di Mirco Molteni
 

Una mappa indica la distribuzione del permafrost nella
zona artica.
Il permafrost è il territorio perennemente ghiacciato della Terra. Si stima costituisca il 20% delle terre emerse del pianeta, il 25% nell'emisfero settentrionale, e raggiunga la profondità di 1.500 metri nel nord della Siberia. Con il termine permafrost si indica la porzione di terreno che presenta per almeno due anni consecutivi una temperatura media annua inferiore a 0° C (Brown & Pewé, 1973). In tali condizioni l'acqua interstiziale si trova allo stato solido e costituisce l'elemento "collante" della matrice nella quale si ritrova, sia essa costituita da detrito, sia da roccia più o meno fratturata. Durante la stagione estiva le temperature più calde possono portare alla fusione del ghiaccio nella porzione più superficiale del suolo variandone le caratteristiche termiche, di resistenza meccanica, e di permeabilità (strato attivo).







Uno schema mostra la struttura del permafrost.
Esso è di solito caratterizzato da uno strato attivo superficiale, che si estende da pochi centimetri a diversi metri di profondità e che si scioglie durante l'estate per ricongelare d'inverno, e uno strato più profondo che rimane sempre ghiacciato. Lo strato attivo reagisce ai cambiamenti climatici, mentre quello profondo non si è più scongelato dall'ultima era glaciale, circa 10.000 anni fa.
Purtroppo l'esistenza del permafrost mostra gravi segni di cedimento, con imprevidibili conseguenze sull'equilibrio climatico dell'intero pianeta. Numerosi studi, effettuati in vari paesi, mostrano che oltre la metà dell'area ricoperta dallo strato superiore di permafrost potrebbe sciogliersi entro il 2050, e circa il 90 per cento entro il 2100. Gli scienziati si attendono che il fenomeno incrementi la quantità di acqua dolce riversata nell'Oceano Artico e quella di carbonio nell'atmosfera. In conseguenza di questo fenomeno non è neppure escluso che possano "liberarsi" in atmosfera enormi depositi sotterranei di metano, che è un potentissimo gas serra.


Sul medio periodo, 30/50, anni si teme che le acque di fusione del permafrost possano contribuire in modo significativo a "raffreddare" i mari artici e ad abbassarne la salinità, ponendo a rischio l'esistenza della corrente del golfo che funge da "regolatore termico" su scala globale. La scienza ha già dimostrato che questo tipo di evento si è già verificato nel passato, scatenando reazioni climatiche anomale.

LA FISICA APPLICATA ALL'AMORE

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           L'AMORE PERDUTO TRA ESSERI VIVENTI